IL MERCOLEDì DELLE CENERI....DI PRODI!!!
Ha fatto più clamore del solito, ma la caduta di questo governo era già prevista nel programma stesso dell’Ulivo. Certo quando cade un governo si sente sempre un gran tonfo, ma stavolta la sorpresa, almeno per chi guarda i numeri e i dati di fatto, è minima. Fino a qui insomma si sapeva che ci saremmo arrivati. Forse non ci si aspettava che proprio sulla relazione generale sulla politica estera ciò dovesse a cadere: sarebbe stato meno clamoroso se il governo fosse andato sotto sui DICO, almeno in quel caso si sarebbe potuto dare la colpa all’ingerenza della Chiesa o alla libertà di coscienza dei senatori. Proprio per questo quello che è accaduto al Senato non può essere definito un incidente di percorso nell’avventura di governo di Prodi. Ma quello che più mi sconcerta, oltre alla figura pessima che l’Italia, tutta l’Italia, ha fatto, è la sorprendente incapacità politica di questo centrosinistra, proprio nei suoi aspetti più elementari: innanzitutto il realismo. Come si può, con una maggioranza così risicata al Senato, basata di fatto sull’inglobamento dei senatori a vita dentro la coalizione di governo, iniziare con una tale arroganza il mandato di governo? Sarebbe stato più ragionevole, non dico accettare la proposta di Berlusconi di dare vita a un governo di larghe intese visto il sostanziale pareggio venuto fuori dalle urne, ma quantomeno sarebbe stato politicamente saggio lasciare aperto un dialogo con alcune forse dell’opposizione che su certe tematiche avrebbero certamente sopperito allo sbandamento pseudo-politico delle ali più estreme della sinistra. Del resto non ci vuole un genio per rendersi conto che il 9 aprile non ha vinto Prodi, ma l’antiberlusconismo. L’Unione resta quello che è sempre stata: un cartello elettorale per impedire a Berlusconi di governare.
A chi vuole farci osservare che l’Unione sì è presentata agli elettori con un programma di governo, non possiamo non chiedere un po’ di quel realismo di cui parlavamo prima. Il programma di governo del centrosinistra è un intricato gioco di parole che pretende di assemblare, dietro un annacquamento assoluto, tutto e il contrario di tutto. E questo è stato evidentissimo nella giornata di ieri: nelle dichiarazioni di voto molti esponenti della maggioranza hanno motivato il sostegno alla politica estera del governo Prodi come condizione necessaria per non far tornare Berlusconi a Palazzo Chigi, pronti a ingoiare il rospo di una continuità atlantica che aveva caratterizzato la linea del centrodestra. Altri hanno motivato il loro voto favorevole perché finalmente il centrosinistra aveva cambiato finalmente rotta proprio rispetto a quella linea filoamericana avvallata da Fini durante il suo mandato a capo della Farnesina. Insomma tutto e il contrario di tutto. E ripeto, non si stava parlando di una situazione particolare che data la sua specificità non sarebbe potuta rientrare nell’enciclopedico programma elettorale, ma delle linee generali della politica estera. A tarda serata poi Di Pietro ha messo sotto i riflettori ciò che di fatto era già sotto gli occhi di tutti: il centrosinistra non ha un programma chiaro, o meglio, non ha un programma condiviso dalla stessa maggioranza che l’ha redatto. L’ex pm dice: “ non ci sarà un Prodi bis se prima non si definirà un chiaro programma di governo sottoscritto e rispettato da tutte le forze di governo. Non è più tollerabile che vi sia un’opposizione interna sulle linee presentate al Paese dal Presidente del Consiglio e dai ministri del suo governo”. Vi lascio immaginare la faccia di Giordano, segretario di Rifondazione, seduto accanto all'ex pm.
Credo sia interessante cercare poi di capire chi sia stato l’esecutore di questa morte politica di Prodi. Perché è inutile negarlo, nel caso anche in cui Prodi riuscisse a ricompattare la coalizione di governo, politicamente il professore è ormai morto. Silurato due volte su due dalla sua stessa maggioranza. Del resto il Mortadella rappresenta un’anomalia in un sistema bipolare. Mi spiego meglio. La leadership delle coalizioni di governo è solitamente espressione del leader del partito di maggioranza all’interno dello schieramento. Prodi, ha avuto sì una investitura popolare (le primarie) ma sì è cercato di applicare su un sistema maggioritario di coalizioni di partito un elemento proprio di un sistema maggioritario presidenziale. Quando Berlusconi gli fece notare questo piccolo particolare in uno di quegli ingessatissimi faccia a faccia, Prodi rispose, con sorridente arroganza: il 10 aprile sarò alla guida del più grande gruppo parlamentare mai esistito, quello dell’Unione”. Sarebbe importante, non solo per i “coglioni” di centrosinistra (che oggi si definiscono tali da soli), ma anche per gli scettici di centrodestra, andare a risentire molte di quelle cose che Berlusconi andava ripetendo, quasi da solo, durante l’ultima campagna elettorale. Il problema è che molti dinosauri della politica, di ambo le parti, non sanno più leggere le dinamiche civili, economiche e sociali del paese.
Ma torniamo al nostro assassino. Il mandante ha un nome e un cognome, e quello è il popolo italiano. Il centrosinistra ha voluto sfidare i numeri e la volontà popolare e ha rimediato questa pessima figura. Ma chi è il vero esecutore?! Il nome di D’Alema è ancora una volta il primo sospettato, proprio lui che ieri ha vestito i panni della prima vittima di questa congiura antiprodiana. Certo che l’enfasi con la quale il baffino nazionale aveva presentato l’importanza e la decisività del voto alla sua relazione può apparire assai sospetta, ma francamente non credo sia stata disposto a vendere parte della sua credibilità politica per accontentarsi di tornare a fare il Primo Ministro di un governo di decantazione, come già inizia a dire Casini. Già Casini. Se si vuole dar credito all’ipotesi D’Alema bisogna dare per scontato che il Presidente dei DS abbia già qualcosa in mano, abbia ciò già un accordo con l’UDC dell’ex presidente della Camera. Qui gli urti di vomito incominciano già a salire e i grandi statisti della Prima Repubblica non potrebbero non scoprirsi dei veri e propri dilettanti se davvero si veirficasse questo scenario. Mi sforzerò d’avanzare un ragionamento in tal senso. Non è un segreto che le ali più moderate del parlamento hanno sempre sperato di poter emarginare definitivamente le ali più estreme degli schieramenti attuali. Ma se da una parte Fiamma Tricolore e Alternativa sociale raggiungono al massimo 1,5 % dall’altra gli estremi hanno un ben altro peso politico, e ben altre poltrone!!! La strategia politica di Casini è quella di dar vita a un governo di “decantazione” che possa mettere sul tavolo le riforme urgenti di cui necessita il Paese, e poi dopo aver modificato la legge elettorale, tornare alle urne. Un Governo transitorio di alto profilo sostenuto da una grande coalizione. Una coalizione che però non si capisce chi dovrebbe tener dentro, ma che soprattutto, pur non violando nessuna norma parlamentare, trascura un piccolissimo dettaglio: la volontà popolare. Bella politica!! L’unica conseguenza positiva sarebbe la lenta dissoluzione dell’UDC… Per fortuna la Lega e l’Italia dei Valori hanno detto chiaramente "no" al grande inciucio. Non si può tendere la mano al morente che così spocchiosamente ha rifiutato, per smania di potere, di fare i conti con quella che era la realtà dei fatti fin dall’inizio: un’Italia divisa e non governabile dopo un sostanziale pareggio elettorale.
E qui entra in gioco un altro tema caldo, portato a giustificazione da tanti democristiani, o aspiranti tali, per giustificare la necessità di un governo di transizione: l’attuale legge elettorale.
Per quanto la legge elettorale attuale presenti alcuni meccanismi ai quali sarebbe bene porre rimedio, non si può attribuire ad essa tutte le responsabilità di un sistema politico che certo non aiuta una stabilità di governo. La grande imperfezione della politica italiana non è rappresentata dal sistema elettorale, ma dall’attuale sistema parlamentare: un bicameralismo perfetto che è tutto tranne questo. Un bicameralismo che prevede 2 corpi elettorali differenti per Camera e Senato, a cui però sono stati assegnati gli stessi compiti legislativi. Questa attuale follia aveva ragion d’essere in circostanze storiche particolari che i padri costituenti hanno fatto bene a tener presenti, ma che oggi non sussistono più. L’altro nota bene, riguarda non tanto la legge elettorale, ma l’uso politico che viene fatto di essa. Se il centrosinistra, con senso di responsabilità, avesse dato vita a una coalizione politica e non elettorale, non staremmo a parlare oggi di tutto questo. Chi avrebbe vinto le elezioni avrebbe governato per tutta la legislatura, così come accaduto, per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, nel precedente quinquennio.
Lega e Italia dei Valori hanno detto una parola chiara su un eventuale scenario che non rispecchi la volontà popolare ma questo non potrebbe bastare a evitare pastrocchi da Prima Repubblica.
Gli altri scenari possibili sono il ritorno alle urne (ci sono i tempi tecnici per indire nuove elezioni già per quest’anno), o la riproposizione di un Prodi bis, che per quanto politicamente fragile e traballante, rispetterebbe quantomeno la volontà popolare. Un Prodi Bis al limite del ridicolo, che certo non farebbe bene al Paese. Un Prodi Bis che potrebbe non ripresentare D’Alema agli esteri (sempre che baffino abbia un minimo di dignità) e che avrebbe un senso solo se Rifondazione e compagni fossero disposti a tradire gran parte del proprio elettorato, capace di vivere senza Prodi ma non senza la piazza. Speriamo solo che Prodi segua l’esempio di Paganini e decida di non ripetere. Ma è bene non illudersi. Del resto il bene del Paese non è mai stata una sua priorità.
A chi vuole farci osservare che l’Unione sì è presentata agli elettori con un programma di governo, non possiamo non chiedere un po’ di quel realismo di cui parlavamo prima. Il programma di governo del centrosinistra è un intricato gioco di parole che pretende di assemblare, dietro un annacquamento assoluto, tutto e il contrario di tutto. E questo è stato evidentissimo nella giornata di ieri: nelle dichiarazioni di voto molti esponenti della maggioranza hanno motivato il sostegno alla politica estera del governo Prodi come condizione necessaria per non far tornare Berlusconi a Palazzo Chigi, pronti a ingoiare il rospo di una continuità atlantica che aveva caratterizzato la linea del centrodestra. Altri hanno motivato il loro voto favorevole perché finalmente il centrosinistra aveva cambiato finalmente rotta proprio rispetto a quella linea filoamericana avvallata da Fini durante il suo mandato a capo della Farnesina. Insomma tutto e il contrario di tutto. E ripeto, non si stava parlando di una situazione particolare che data la sua specificità non sarebbe potuta rientrare nell’enciclopedico programma elettorale, ma delle linee generali della politica estera. A tarda serata poi Di Pietro ha messo sotto i riflettori ciò che di fatto era già sotto gli occhi di tutti: il centrosinistra non ha un programma chiaro, o meglio, non ha un programma condiviso dalla stessa maggioranza che l’ha redatto. L’ex pm dice: “ non ci sarà un Prodi bis se prima non si definirà un chiaro programma di governo sottoscritto e rispettato da tutte le forze di governo. Non è più tollerabile che vi sia un’opposizione interna sulle linee presentate al Paese dal Presidente del Consiglio e dai ministri del suo governo”. Vi lascio immaginare la faccia di Giordano, segretario di Rifondazione, seduto accanto all'ex pm.
Credo sia interessante cercare poi di capire chi sia stato l’esecutore di questa morte politica di Prodi. Perché è inutile negarlo, nel caso anche in cui Prodi riuscisse a ricompattare la coalizione di governo, politicamente il professore è ormai morto. Silurato due volte su due dalla sua stessa maggioranza. Del resto il Mortadella rappresenta un’anomalia in un sistema bipolare. Mi spiego meglio. La leadership delle coalizioni di governo è solitamente espressione del leader del partito di maggioranza all’interno dello schieramento. Prodi, ha avuto sì una investitura popolare (le primarie) ma sì è cercato di applicare su un sistema maggioritario di coalizioni di partito un elemento proprio di un sistema maggioritario presidenziale. Quando Berlusconi gli fece notare questo piccolo particolare in uno di quegli ingessatissimi faccia a faccia, Prodi rispose, con sorridente arroganza: il 10 aprile sarò alla guida del più grande gruppo parlamentare mai esistito, quello dell’Unione”. Sarebbe importante, non solo per i “coglioni” di centrosinistra (che oggi si definiscono tali da soli), ma anche per gli scettici di centrodestra, andare a risentire molte di quelle cose che Berlusconi andava ripetendo, quasi da solo, durante l’ultima campagna elettorale. Il problema è che molti dinosauri della politica, di ambo le parti, non sanno più leggere le dinamiche civili, economiche e sociali del paese.
Ma torniamo al nostro assassino. Il mandante ha un nome e un cognome, e quello è il popolo italiano. Il centrosinistra ha voluto sfidare i numeri e la volontà popolare e ha rimediato questa pessima figura. Ma chi è il vero esecutore?! Il nome di D’Alema è ancora una volta il primo sospettato, proprio lui che ieri ha vestito i panni della prima vittima di questa congiura antiprodiana. Certo che l’enfasi con la quale il baffino nazionale aveva presentato l’importanza e la decisività del voto alla sua relazione può apparire assai sospetta, ma francamente non credo sia stata disposto a vendere parte della sua credibilità politica per accontentarsi di tornare a fare il Primo Ministro di un governo di decantazione, come già inizia a dire Casini. Già Casini. Se si vuole dar credito all’ipotesi D’Alema bisogna dare per scontato che il Presidente dei DS abbia già qualcosa in mano, abbia ciò già un accordo con l’UDC dell’ex presidente della Camera. Qui gli urti di vomito incominciano già a salire e i grandi statisti della Prima Repubblica non potrebbero non scoprirsi dei veri e propri dilettanti se davvero si veirficasse questo scenario. Mi sforzerò d’avanzare un ragionamento in tal senso. Non è un segreto che le ali più moderate del parlamento hanno sempre sperato di poter emarginare definitivamente le ali più estreme degli schieramenti attuali. Ma se da una parte Fiamma Tricolore e Alternativa sociale raggiungono al massimo 1,5 % dall’altra gli estremi hanno un ben altro peso politico, e ben altre poltrone!!! La strategia politica di Casini è quella di dar vita a un governo di “decantazione” che possa mettere sul tavolo le riforme urgenti di cui necessita il Paese, e poi dopo aver modificato la legge elettorale, tornare alle urne. Un Governo transitorio di alto profilo sostenuto da una grande coalizione. Una coalizione che però non si capisce chi dovrebbe tener dentro, ma che soprattutto, pur non violando nessuna norma parlamentare, trascura un piccolissimo dettaglio: la volontà popolare. Bella politica!! L’unica conseguenza positiva sarebbe la lenta dissoluzione dell’UDC… Per fortuna la Lega e l’Italia dei Valori hanno detto chiaramente "no" al grande inciucio. Non si può tendere la mano al morente che così spocchiosamente ha rifiutato, per smania di potere, di fare i conti con quella che era la realtà dei fatti fin dall’inizio: un’Italia divisa e non governabile dopo un sostanziale pareggio elettorale.
E qui entra in gioco un altro tema caldo, portato a giustificazione da tanti democristiani, o aspiranti tali, per giustificare la necessità di un governo di transizione: l’attuale legge elettorale.
Per quanto la legge elettorale attuale presenti alcuni meccanismi ai quali sarebbe bene porre rimedio, non si può attribuire ad essa tutte le responsabilità di un sistema politico che certo non aiuta una stabilità di governo. La grande imperfezione della politica italiana non è rappresentata dal sistema elettorale, ma dall’attuale sistema parlamentare: un bicameralismo perfetto che è tutto tranne questo. Un bicameralismo che prevede 2 corpi elettorali differenti per Camera e Senato, a cui però sono stati assegnati gli stessi compiti legislativi. Questa attuale follia aveva ragion d’essere in circostanze storiche particolari che i padri costituenti hanno fatto bene a tener presenti, ma che oggi non sussistono più. L’altro nota bene, riguarda non tanto la legge elettorale, ma l’uso politico che viene fatto di essa. Se il centrosinistra, con senso di responsabilità, avesse dato vita a una coalizione politica e non elettorale, non staremmo a parlare oggi di tutto questo. Chi avrebbe vinto le elezioni avrebbe governato per tutta la legislatura, così come accaduto, per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, nel precedente quinquennio.
Lega e Italia dei Valori hanno detto una parola chiara su un eventuale scenario che non rispecchi la volontà popolare ma questo non potrebbe bastare a evitare pastrocchi da Prima Repubblica.
Gli altri scenari possibili sono il ritorno alle urne (ci sono i tempi tecnici per indire nuove elezioni già per quest’anno), o la riproposizione di un Prodi bis, che per quanto politicamente fragile e traballante, rispetterebbe quantomeno la volontà popolare. Un Prodi Bis al limite del ridicolo, che certo non farebbe bene al Paese. Un Prodi Bis che potrebbe non ripresentare D’Alema agli esteri (sempre che baffino abbia un minimo di dignità) e che avrebbe un senso solo se Rifondazione e compagni fossero disposti a tradire gran parte del proprio elettorato, capace di vivere senza Prodi ma non senza la piazza. Speriamo solo che Prodi segua l’esempio di Paganini e decida di non ripetere. Ma è bene non illudersi. Del resto il bene del Paese non è mai stata una sua priorità.
2 Comments:
"Una pagina di discussione sul calcio e sulla fiorentina..."
se era per quell oaro Ricca, si doveva essere anceh in 4!
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