TRA IL DOLORE E LA MORTE: IL CASO WELBY
I media stanno dando ultimamente grande risalto al “caso Welby”, persona gravemente ammalata e tenuta in vita grazie a una macchina che ne permette la respirazione.
Piergiorgio Welby ha chiesto di essere staccato dalle macchine e di sospendere le cure di assistenza alla sua persona. Contemporaneamente, anzi, anticipatamente a questo, ha chiesto di essere sedato in modo da non essere “presente” all’inevitabile conseguenza: la morte.
Il caso sta suscitando non poche discussioni, dall’ambito medico all’ambito etico, anche perché, al dramma di quest’uomo si sta affiancando – piuttosto evidentemente – un tentativo si strumentazione politica che pare intraprendere una cammino che potrebbe portare ad una legislazione anche sull’eutanasia. Al di là di questo però il tema è assai scottante e delicato. Del resto la politica non può che prendere spunto dalla realtà, e da essa identificare norme a tutela delle persone e dei valori riconosciuti individualmente e socialmente fondamentali e utili per l’umano vivere.
La carta costituzionale stessa, nel suo 32simo articolo prevede quanto segue in merito di diritto alla salute:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Il caso Welby sta suscitando molta discussione in merito a quanto riportato anche sulla carta costituzionale. E’ bene premettere che più di un fatto politico, è in ballo la vita di un uomo, ma questo non deve precluderci da tentare un giudizio anche “politico” della questione: l’importante casomai è proprio non perdere il processo inverso, staccare la politica dalla realtà, e dalle vicende umane.
Detto questo proviamo a entrare in merito. La legge prevede che ogni individuo può liberamente sottrarsi a un trattamento sanitario, di qualsiasi genere esso sia. Per cui un malato di tumore può rifiutare di intraprendere un processo di chemioterapia, mentre non può chiedere al medico di accelerare il naturale decorso verso la morte (eutanasia). Quindi se tu hai mal di denti puoi non andare dal dentista, ma non puoi chiedere al dentista di ucciderti, magari per non sentire più dolore.
Il dolore, oltre alla dignità della vita, è uno delle altre questioni in gioco. La legge prevede che ogni individuo sia assistito, specie in casi irreversibili, con una terapia del dolore (o cure palliative), che allevi il dolore fisico, “garantendo”, di conseguenza, anche un miglior livello di vita.
Stando alla legge, quindi, il signor Welby, avrebbe tutto il diritto, (mancando una disposizione di legge che lo obblighi a restare attaccato alla macchina) ed essendo cosciente (cioè decidendo lui e non un suo parente o terzi) di farsi staccare dal respiratore. Il fatto è che umanamente la cosa non è così semplice. Perché, per fortuna, staccare un gesto dal suo significato, e dalle sue conseguenze, è molto più difficile che staccare una spina.
Non si può infatti non pensare che quel gesto porterebbe, inevitabilmente, il signor Welby alla morte. E questo, umanamente non è accettabile. Tanto è “legittimo” gestire la proprio vita (libero arbitrio), anche nel peggiore dei modi, tanto è legittimo (ma sarebbe più opportuno dire “umano”) far di tutto per impedire che ogni vita vada persa. C’è una positività delle cose che umanamente tendiamo ad affermare quasi inconsciamente. E’ come se il Signor Welby fosse sul cornicione di un palazzo e cercasse, per mancanza di forze, una persona magnanima disposta a buttarlo di sotto. Non che quella spinta lo uccida subito, deve farsi prima i 99 piani, però….
Il fatto è che appena vediamo una persona su un cornicione, pur ignorando il grado di dignità della sua vita, ci adoperiamo per persuaderlo a non compiere quel gesto. Se poi si butta…però spingerlo giù è un'altra cosa!
Certo non si può generalizzare, ed è difficile capire il dramma di certe situazioni: ieri da Vespa, è intervenuto anche il padre di una ragazza in coma vegetativo da 13 anni. Tredici anni!!… in cui è difficile capire addirittura se Eluana, questo il nome della ragazza, sia ancora presente in quel corpo. Tredici anni in cui gli stessi genitori forse sono imprigionati a quella spina, forse più di loro figlia.
E’ difficile. Credo però che la politica debba tutelare un “diritto positivo” che non permetta innanzi tutto al libero arbitro altrui, di prevalere sulla vera libertà del singolo. L’eutanasia è proprio questo: la decisione di un terzo su cosa è dignitoso per me vivere o meno. Una definizione della dignità dell’uomo che uccide, letteralmente, quell’indomabile impeto che ci anima nel desiderio di persuadere il signor Welby a non staccare la spina. Non staccare la spina non per un gesto politicamente giusto (o meno), ma per la speranza che ogni uomo possa scoprire la dignità e la grandezza di ogni circostanza che gli è data di vivere. Senza questo, anche la miglior condizione di vita, perde, davvero, ogni sua dignità.
Piergiorgio Welby ha chiesto di essere staccato dalle macchine e di sospendere le cure di assistenza alla sua persona. Contemporaneamente, anzi, anticipatamente a questo, ha chiesto di essere sedato in modo da non essere “presente” all’inevitabile conseguenza: la morte.
Il caso sta suscitando non poche discussioni, dall’ambito medico all’ambito etico, anche perché, al dramma di quest’uomo si sta affiancando – piuttosto evidentemente – un tentativo si strumentazione politica che pare intraprendere una cammino che potrebbe portare ad una legislazione anche sull’eutanasia. Al di là di questo però il tema è assai scottante e delicato. Del resto la politica non può che prendere spunto dalla realtà, e da essa identificare norme a tutela delle persone e dei valori riconosciuti individualmente e socialmente fondamentali e utili per l’umano vivere.
La carta costituzionale stessa, nel suo 32simo articolo prevede quanto segue in merito di diritto alla salute:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Il caso Welby sta suscitando molta discussione in merito a quanto riportato anche sulla carta costituzionale. E’ bene premettere che più di un fatto politico, è in ballo la vita di un uomo, ma questo non deve precluderci da tentare un giudizio anche “politico” della questione: l’importante casomai è proprio non perdere il processo inverso, staccare la politica dalla realtà, e dalle vicende umane.
Detto questo proviamo a entrare in merito. La legge prevede che ogni individuo può liberamente sottrarsi a un trattamento sanitario, di qualsiasi genere esso sia. Per cui un malato di tumore può rifiutare di intraprendere un processo di chemioterapia, mentre non può chiedere al medico di accelerare il naturale decorso verso la morte (eutanasia). Quindi se tu hai mal di denti puoi non andare dal dentista, ma non puoi chiedere al dentista di ucciderti, magari per non sentire più dolore.
Il dolore, oltre alla dignità della vita, è uno delle altre questioni in gioco. La legge prevede che ogni individuo sia assistito, specie in casi irreversibili, con una terapia del dolore (o cure palliative), che allevi il dolore fisico, “garantendo”, di conseguenza, anche un miglior livello di vita.
Stando alla legge, quindi, il signor Welby, avrebbe tutto il diritto, (mancando una disposizione di legge che lo obblighi a restare attaccato alla macchina) ed essendo cosciente (cioè decidendo lui e non un suo parente o terzi) di farsi staccare dal respiratore. Il fatto è che umanamente la cosa non è così semplice. Perché, per fortuna, staccare un gesto dal suo significato, e dalle sue conseguenze, è molto più difficile che staccare una spina.
Non si può infatti non pensare che quel gesto porterebbe, inevitabilmente, il signor Welby alla morte. E questo, umanamente non è accettabile. Tanto è “legittimo” gestire la proprio vita (libero arbitrio), anche nel peggiore dei modi, tanto è legittimo (ma sarebbe più opportuno dire “umano”) far di tutto per impedire che ogni vita vada persa. C’è una positività delle cose che umanamente tendiamo ad affermare quasi inconsciamente. E’ come se il Signor Welby fosse sul cornicione di un palazzo e cercasse, per mancanza di forze, una persona magnanima disposta a buttarlo di sotto. Non che quella spinta lo uccida subito, deve farsi prima i 99 piani, però….
Il fatto è che appena vediamo una persona su un cornicione, pur ignorando il grado di dignità della sua vita, ci adoperiamo per persuaderlo a non compiere quel gesto. Se poi si butta…però spingerlo giù è un'altra cosa!
Certo non si può generalizzare, ed è difficile capire il dramma di certe situazioni: ieri da Vespa, è intervenuto anche il padre di una ragazza in coma vegetativo da 13 anni. Tredici anni!!… in cui è difficile capire addirittura se Eluana, questo il nome della ragazza, sia ancora presente in quel corpo. Tredici anni in cui gli stessi genitori forse sono imprigionati a quella spina, forse più di loro figlia.
E’ difficile. Credo però che la politica debba tutelare un “diritto positivo” che non permetta innanzi tutto al libero arbitro altrui, di prevalere sulla vera libertà del singolo. L’eutanasia è proprio questo: la decisione di un terzo su cosa è dignitoso per me vivere o meno. Una definizione della dignità dell’uomo che uccide, letteralmente, quell’indomabile impeto che ci anima nel desiderio di persuadere il signor Welby a non staccare la spina. Non staccare la spina non per un gesto politicamente giusto (o meno), ma per la speranza che ogni uomo possa scoprire la dignità e la grandezza di ogni circostanza che gli è data di vivere. Senza questo, anche la miglior condizione di vita, perde, davvero, ogni sua dignità.
5 Comments:
Stanotte è morto Welby: Marco Pannella ne ha dato l'annuncio...
Non sono state rese note le dinamiche del decesso.
Morte naturale?!?!
Il grande dispiacere è che i suoi amici l'hanno sostenuto sulle ragioni del morire e non sulle ragioni del vivere...
e un intervento risolutore di igor sulla vita e chi ce l'ha donata no???
ma come cazzo potete parlare di queste cose in una minchiata di blog?
come se dare giudizi ragionevoli fosse la soluzione...
come se dire le cose giuste ci sollevasse e diminuisse il dramma di uno che non vuole più vivere in quel modo...
siete dei cazzoni
comuqnueu ragazzi pur di non parlare mai seriamente di certe cose si avanza sempre questa mezza scusa che non è mai il luogo opportuno....
mah....
saluti
caro rose...
leggiti i commenti al tuo articolo e dimmi se questo è parlare seriamente della cosa...
buon natale
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