Mister, noi sempre con te...!
Peccato. Per gli altri, ovvio, per chi lo vorrebbe. Peccato perché il tecnico che a tutti piace (Moratti compreso) ha in mente solo un «piacere»: la Fiorentina. Ed è roba di lunga durata. «L'idea di diventare un Alex Ferguson in viola? Mi affascina molto - fa Cesare Prandelli - : continuità, progetto, la crescita e la gestione di ragazzi, talenti, uomini; la creazione di uno staff che si espande, si evolve e ti permette di ragionare e lavorare anche con ottiche differenti, ancora più aperte». Insomma, gli garberebbe a Sir Cesare, l'uomo che garba a tutti. «Mi piacerebbe sì - continua - : in Italia è molto più difficile che altrove un concetto così, ma Firenze ha tanti aspetti che te lo possono permettere, e mi piacerebbe farlo perché questa è una città vincente. E io voglio vincere». Pausa. «Qui». Ben ritrovati dentro al mondo del Mago di Orz(inuovi): dove per una volta non si parla di tattiche, calciatori altrui e quindi di mercato perché «i giocatori che ho sono i più importanti al mondo»; e dove quel che lui tocca, migliora. «Ma nooo, anch'io ho i miei difetti».
Per esempio?
«Sono orgoglioso, e testardo. E permaloso, ma solo con le persone che conosco bene, cioè quelle dalle quali mi aspetto certe cose».
Tutto quel che si aspetta Firenze da lei come la fa sentire?
«Bene, e stimolato. Sa qual è la mia unica paura? Di deludere le persone che ti stimano, che ti vogliono bene e credono in te. Sento e percepisco stima, anche amore, e proprio per questo la responsabilità cresce. E anche per questo che cerco sempre di stare in equilibrio».
Se le dicono che il Progetto è Prandelli-dipendente, lei... vacilla?
«No, perché qui sono importanti tutti, nessunissimo escluso. E la componente che più conta è la società. La famiglia Della Valle un giorno ha scelto una strada, ci siamo convinti entrambi, mi sono detto "Caspita, questo è il mio sogno". Il sogno di poter scrivere la storia. Vede, Firenze è già grande, la Fiorentina ha nel dna la forza per vincere, ed è per questo che mai ci si deve accontentare. Gliene racconto una: nello spogliatoio spesso si attaccano articoli di giornale. E lo fanno anche i giocatori, di loro iniziativa».
Le cosiddette critiche che caricano?
«No, racconti costruttivi, che aiutano a riflettere. L'ultimo riguarda quello di un professore di filosofia che davanti agli alunni riempie un barattolo con palline da golf. Agli allievi sembra impossibile farcirlo ulteriormente, ma lui aggiunge sabbia, e poi acqua, insomma dimostra davanti allo stupore dei ragazzi che si può fare sempre qualcosa in più anche davanti ad altre apparenze. Questo è uno dei concetti di quel racconto e questo è il nostro riferimento: andare oltre, perché si può».
Lei ha un contratto fino al 2011, ha parlato di scudetto in 7 anni: un progetto- Prandelli alla Ferguson può davvero esistere...
«L'idea è bella e dà il senso della programmazione, del seguire costantemente un progetto, la crescita di giocatori. Se con qualcuno di loro ho un rapporto che va oltre l'aspetto professionale? Questo intendo, e questo c'è, con qualcuno che ho già avuto in passato e con altri che magari ho trovato qui. La base per crescere un gruppo è educare e responsabilizzare. E poche furbate. Un giocatore mi delude se crede che io non abbia valutato tutto prima di una sua esclusione, che insomma sia stato superficiale. Non lo sono mai».
Ha più volte detto: «Non tradirò Firenze».
«E lo ribadisco. Tradire significa anche essere ambiguo: il giorno in cui qualcosa non funzionerà, andrò dalla società e ne parleremo. C'è chi ha detto che io e il direttore Corvino non andiamo d'accordo? Son tre anni che lo dicono, lasciamo stare...».
Firenze deve temere o no di perdere Prandelli?
«Non nego di aver avuto altre opportunità, la stagione scorsa e anche quest'anno. Ma non ne ho mai presa in considerazione una. Mai. Opportunità di parlare soprattutto, di colloqui, ma non mi sono spinto nemmeno lì. Quando dico che voglio vincere qui è perché ci credo. Un giorno vorrò rivedere il film di una nostra vittoria: ha presente quando si inseriscono i filmini di famiglia? Ecco, vorrò vederci dentro la Fiorentina vincente. A parte le quattro tifoserie delle grandi squadre, poche altre possono intravvedere la possibilità di avere un futuro vincente: la tifoseria fiorentina ce l'ha».
Quella che l'ha abbracciata di un affetto globale.
«Anche amore. E rispetto. I fiorentini sono ironici, autoironici, intelligenti, magari burberi ma con un cuore grande così: e l'hanno dimostrato una volta di più in quella circostanza».
L'altroieri erano quattro mesi dal giorno della scomparsa di Manuela.
«Come mi sento oggi... Mi sento per assurdo fortunato, perché ho due figli straordinari, amici veri, belle persone accanto. E quel rispetto che ho visto in tante persone è stata la testimonianza più bella che potessi ricevere in quel durissimo momento».
Del quale le pesa parlare.
«Grazie per avermelo chiesto: sì, mi pesa molto».
Matteo Dalla Vite - La Gazzetta dello Sport
0 Comments:
Posta un commento
<< Home